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Lun 08.12 ore 18:00 e 20:30
INGRESSO: Intero 7,00 euro Ridotto 5,00
UN SEMPLICE INCIDENTE
Produzione: Iran, Francia,
Lussemburgo, 2025
Durata: 104′
Regia: Jafar Panahi
Interpreti: Vahid Mobasseri,
Mariam Afshari
TRAMA Iran. Mentre torna a casa la sera con la moglie e la figlia un uomo investe un cane ed è costretto a cercare aiuto nei paraggi. Viene in suo aiuto il meccanico Vahid, almeno finché questi non si convince di aver incontrato l’uomo che anni prima l’ha torturato in una prigione del regime. Vahid allora rapisce il presunto torturatore per ucciderlo, ma, colto dal dubbio, decide di trovare altre vittime del carceriere per dare maggior forza alla sua accusa. La situazione finisce però per complicarsi ulteriormente.
COMMENTO Non è mai semplice presentare una pellicola di un cineasta come Jafar Panahi, probabilmente fra i principali registi in attività al momento, ma anche una costante vittima della censura e della persecuzione del regime iraniano per la coerenza con cui racconta da ormai tre decenni aspetti della società del paese asiatico che la dittatura degli ayatollah non vorrebbe venissero visti all’estero. Un semplice incidente rende questo compito ancora più difficile, ma al contempo più facile: si tratta infatti del film forse più dichiaratamente politico di Panahi, ma anche di uno di quelli che si serve maggiormente di elementi di genere per costruire una narrazione che è strettamente legata al contesto geografico e culturale di provenienza, ma al contempo motiva riflessioni su temi universali. Un semplice incidente è infatti un thriller dell’anima in cui commedia e tragedia si mescolano in modi imprevisti anche per gli standard già originali del regista iraniano, intorbidendo le acque di un’opera che fa della complessità e dell’ambiguità la propria cifra espressiva, in modo da condurre chi guarda in una dimensione assimilabile a quella dei personaggi del film, incapaci di riconoscere le identità e le motivazioni gli uni degli altri. Il fatto che tutto questo avvenga in soli 100 minuti di film e 24 ore di narrazione sottolinea la solidità dell’impianto costruito dal regista e dai suoi collaboratori, nonostante anche questa pellicola sia stata girata in maniera illegale, senza l’autorizzazione della Repubblica islamica, con finanziamenti recuperati in giro per il mondo e una produzione dalle dimensioni ridotte. Ormai a Jafar Panahi bastano una manciata di personaggi, un paio di location e poco più di un’ora e mezza per vincere la Palma d’oro al Festival di Cannes, come se non servisse altro per mostrare la po-
tenza, e la resilienza, del suo cinema clandestino.
REGISTA Tra i più grandi cineasti iraniani, Jafar Panahi ha pagato la sua contrarietà al regime del paese natio con il carcere e l’interdizione alla produzione di film, che pure ha ripetutamente violato per girare pellicole molto celebrate come Un semplice incidente, Gli orsi non esistono (2022), Premio speciale della giuria a Venezia, o Taxi Teheran (2015), Orso d’oro alla Berlinale. L’opposizione all’autoritarismo del regime degli ayatollah è d’altronde al centro anche di film precedenti come Il cerchio (2000) e Offside (2006), i quali contribuiscono a comporre un affresco della società iraniana sempre più vivido e complesso, che non ha eguali.