una produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG / Accademia Perduta Romagna Teatri
Alan e suo padre Abdullah lasciano una notte il loro paese, in Siria, dove la guerra sta portando via le scuole, le case, gli alberi; salgono su una barchetta sgangherata e colma d’anime, per arrivare molto lontano. Ma quella notte una grande onda rovescia la barchetta, come fosse di carta: Alan scivola via dalle braccia forti di suo padre, cade giù dentro il mare profondo. Lì diventa fratello delle alghe, dei coralli, dell’anemone colorato: un bambino – pesce, che da quel momento appartiene all’acqua, per sempre.
Credo sia profondamente necessario trovare un modo di raccontar loro l’odissea, spesso dagli esiti drammatici, dei loro coetanei costretti alla fuga dai propri paesi di appartenenza. Ecco perché, nonostante la dolorosa vicinanza temporale con quanto è accaduto, vorrei provare a raccontare in teatro la storia di Alan.
Un racconto teatrale che mi piacerebbe condurre attraverso due punti di vista : quello di Abdullah al Kurdi, il padre del bambino, e quello, immaginato, proiettato in un domani che non è stato, di Alan stesso.
Modalità di realizzazione: parole, racconto, immagini
Impossibile prescindere, per raccontare una storia così drammaticamente recente, dalle testimonianze reali dei suoi protagonisti. I racconti di Abdullah Kurdi e Nilufer Demir costituiranno una preziosa risorsa, insieme ad un’ulteriore quantità di altri, incredibili racconti di giovanissimi profughi sopravvissuti, a differenza di Alan, alle proprie personali odissee, o dei loro familiari. La veridicità della narrazione risulta imprescindibile in un lavoro che, come questo, vuole anche essere un tributo alla storia di persone realmente esistite.
Ma il teatro ha delle possibilità in più rispetto a quelle, più “cronachistiche”, del cinema e della televisione; sono quelle del sogno, della trasfigurazione, che rendono possibile amplificare la vicenda di uno e farla diventare quella di molti. Se la storia di Alan rimanesse solo sua, raccontarla sarebbe inutile. Ecco quindi che alle parole, alla vita narrata, si aggiungeranno le immagini, e la vita, appunto, “immaginata”. Penso all’uso di proiezioni realizzate in videomapping per dare vita a ciò che la parola non può dire: i sogni, le aspettative, i desideri, l’immaginazione dei piccoli profughi come Alan Kurdi.
La videoproiezione darà vita, innanzitutto, al luogo da cui la voce e la presenza di Alan giungeranno: una sorta di Atlantide, un piccolo Eden subacqueo tra le cui spume, sabbie, coralli la piccola esistenza del bambino è rimasta impigliata. Allo spettatore, giovane o adulto, spetterà il compito di raccogliere la sua esistenza, reale ma soprattutto immaginata, “sperata”, come porgendo l’orecchio ad una conchiglia per sentire, in qualsiasi luogo ci si trovi, il lontano rumore del mare.
note a cura di Giuliano Scarpinato