giovedì 04 aprile 2019 ore 21:00

Il canto della caduta

Archivio Teatro e Danza 2018/2019

liberamente ispirato al mito del regno di Fanes
di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione animatronica Paola Villani
assistente alla regia Marco Rogante
progettazione video Andrea Pizzalis
costruzioni metalliche Righi Franco Srl
partitura vocale Francesca Della Monica
una co-produzione Centrale Fies, CSS Teatro stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Torino, São Luiz Teatro Municipal  – Lisbona
in collaborazione con Teatro Stabile di Bolzano, A Tarumba Teatro de Marionetas  – Lisbona

IL MITO DEI FANES, UN REGNO PACIFICO DI DONNE, DA RISCOPRIRE
La guerra è parte incancellabile del destino dell’umanità? E’ realisticamente possibile il passaggio da un sistema di guerre incessanti e di ingiustizia sociale a un sistema mutuale e pacifico?
Il canto della caduta pone punti interrogativi propri anche del nostro tempo: una risposta, possibile, sta forse fra le pieghe di un’antica storia ladina, il mito dei Fanes, un regno pacifico inventato e governato dalle donne, distrutto dalla brama di potere e di dominio degli uomini.
Uno stormo di corvi animatronici  e una piccola comunità di bambini-pupazzo superstiti (ispirati alla street art di Herakut), sono i nuovi compagni di scena della straordinaria Marta Cuscunà, in un nuovo viaggio di resistenza.

IL LINGUAGGIO DELLA DEA, UNA SOCIETA’ PACIFICA E’ POSSIBILE?
L’antropologa Marija Gimbutas, nel saggio Il linguaggio della Dea – che ha ispirato Marta Cusunà in questo lavoro – ricostruisce un mondo perduto in cui la presenza del femminile sarebbe stata centrale nella visione del sacro e della struttura sociale. Racconta di un’Europa antica molto diversa da quella che ha prevalso successivamente, in cui le società erano prevalentemente egualitarie e pacifiche.
Il canto della caduta vuole portare alla luce il racconto perduto di come eravamo, di quell’alternativa sociale auspicabile per il futuro dell’umanità che viene presentata sempre come un’utopia irrealizzabile. E che invece, forse, è già esistita (Marta Cuscunà)

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